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Zbook6Per certi versi il tempo non ha lasciato tracce, per altri aspetti sì. Ritorniamo per un momento a Salgari:

«II rais procedette allora ad una seconda visita per accertarsi approssimativamentedel numero dei tonni catturati, quindi fece sciogliere il quadrato delle chiatte onde si potesse cominciare la pesca. Dalle gettate, i bastacci, ossia i facchini cominciarono a ramponare i tonni, issandoli a terra mentre dall'altra parte delle chiatte li traevano a bordo. I disgraziati pesci presentavano tutti delle orribili ferite, dalle quali sgorgava ancora il sangue in abbondanza.

Vedemmo di quelli che avevano ricevuto perfino cinque colpi di rampone e la loro pelle pendeva a brani. Ne contammo ben cinquecento e sessantaquattro, quasi tutti di grosse dimensioni, tali anzi che i più vigorosi bastacci non riuscivano da soli a issarli sulla gettata.»

Zbook4Abbiamo già visto che le dimensioni medie dei tonni non sono più le stesse. Ma il metodo di pesca e poi la lavorazione hanno sia tenuto conto del progresso tecnologico che fatto tesoro delle esperienze altrui (qui l'articolo – in italiano – che ha fornito le seguenti informazioni.

«Circa venti anni fa sull’isola di San Pietro sbarcarono i giapponesi – i più forti consumatori di tonno crudo al mondo – con le idee molto chiare: assaggiare il tonno di corsa; in poco meno di 72 ore tutto il tonno presente alla tonnara di Carloforte era già sui mercati e nei ristoranti del Sol Levante, trasportato dall’Italia in ghiaccio, dapprima incartato in una speciale carta verde, maguro oroshi, che tra le altre funzioni ha quella di impedire l’ossidazione.» 

 

 

CnTokyoE non poteva, non doveva, finire lì.

«Da quel momento è iniziato il vero innesto culturale.

L’avvento dei giapponesi ha determinato una variazione anche nella tecnica di mattanza del tonno e nella lavorazione. Prima ogni tonno veniva arpionato da 6 uomini, il cd. stellato di sei tonnarotti, con 6 arpioni di tre diverse lunghezze e veniva così ferito in più punti.

Dai giapponesi si è imparato a issarlo con un paranco, preso all’amo e punto in gola, e a gestirlo da subito su ghiaccio.

Dalla cattura il tonno non viene mai riportato a temperatura fino al momento del consumo.»

 Non sono più quindi i tempi e i metodi cruenti che descriveva nel 1904 Emilio Salgari. E per una volta, questa volta, in meglio.

Un caso raro purtroppo, gli esempi positivi sono l'eccezione e non la regola. Nonostante le previsioni ottimistiche di alcuni, cui sarebbe bello ma arduo affidarsi, la sopravvivenza del tonno rosso è in grave pericolo: qui ne vediamo un drammatico esempio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Zbook5Ma torniamo a quanto c'è di buono. Torniamo al primo libro, Sale Sudore Sangue, con le cui immagini abbiamo scandito il testo e che ci ha dato lo spunto per questo tuffo tra passato e presente, tentando di farsi una idea del futuro.

Giustamente l'autore dedica uno spazio importante sia ai volti dei pescatori che ai loro umili ma necessari ed essenziali attrezzi di lavoro: dei semplici coltelli. Si ha l'impressione che quei volti potrebbero essere gli stessi di quei loro antenati di oltre 2000 anni fa, o quelli dei loro colleghi di ogni parte del mondo, oggi.

L'uomo non è mutato nei secoli. Ma inconsapevolmente, per quanto colpevolmente, ha fatto sì che il mare non sia più quello di una volta.

Ma è possibile ancora tornare indietro. Per andare avanti.

 

 


CopertinaSalgariEmilio Salgari
La pesca dei tonni
Nemapress, 2017

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CopertinaZizolaFrancesco Zizola
Sale Sudore Sangue
Postcart, 2020